Il valore della Resistenza per l'Italia, nel ricordo delle vittime della strage di Vigorso
Il valore della Resistenza per l'Italia, nel ricordo delle vittime della strage di Vigorso
DISCORSO DELLA SINDACA DEBORA BADIALI
IN OCCASIONE DELLA COMMEMORAZIONE DELLA BATTAGLIA
DI VIGORSO E FIESSO, TENUTO IL 21 OTTOBRE 2022
Ci sono diversi modi affrontare fatti storici che nel nostro tempo vengono ricordati o celebrati con manifestazioni istituzionali.
- C’è la pura e semplice ricostruzione dei fatti, giusta e necessaria. È incredibile pensare che 78 anni fa, in questa giornata e proprio qui dove ci troviamo, si scatenò una battaglia tra i partigiani e militari tedeschi aiutati da italiani fascisti. Noi la guerra la vediamo da lontano, oggi purtroppo sempre da più vicino, ma mai l’abbiamo vissuta in modo diretto. E pensarla qui, dove viviamo, dove andiamo a scuola, dove facciamo sport, ci sembra incredibile.
- Poi c’è anche lo sforzo di capire perché le cose sono successe e che cosa hanno prodotto. Noi dobbiamo fare anche questa piccola fatica, per capire di più. Perché non ci possiamo fermare alla superficie delle cose.
Se leggiamo semplicemente le definizioni di Resistenza e di Guerra di liberazione, leggiamo per esempio su Wikipedia che:
1- La Resistenza italiana (anche detta Resistenza partigiana, o semplicemente Resistenza) fu l'insieme di movimenti politici e militari che in Italia, dopo l'armistizio di Cassibile, si opposero al nazifascismo nell'ambito della guerra di liberazione italiana.
Nella Resistenza vanno individuate le origini stesse della Repubblica Italiana: l'Assemblea Costituente fu in massima parte composta da esponenti dei partiti che avevano dato vita al Comitato di Liberazione Nazionale e che, a guerra finita, scrissero la Costituzione fondandola sulla sintesi tra le rispettive tradizioni politiche e ispirandola ai princìpi della democrazia e dell'antifascismo.
2- La guerra di liberazione italiana fu il complesso di operazioni militari ed azioni di guerriglia condotte durante la campagna d'Italia dagli Alleati (che ebbero un ruolo centrale), dall'Esercito Cobelligerante Italiano e dalle brigate partigiane della resistenza italiana contro i tedeschi (già fortemente indeboliti nel versante dell'Europa dell'est dall'URSS) e contro la Repubblica Sociale Italiana. La campagna si concluse con la liberazione dell'Italia dall'occupazione nazifascista.
Fin qui le definizioni. Proviamo adesso però a rispondere a tre domande. Sono interrogativi che ci dobbiamo porre per capire meglio e di più i semplici fatti.
La prima domanda
Chi combatteva nella Resistenza? Cioè chi decise di diventare partigiano? Erano in gran parte giovani, poco più che ragazzini. Avevano vissuto quasi solo il fascismo che ormai si era affermato da oltre 20 anni. E quel regime, che era l’unico che conoscevano, non lo volevano più. Li aveva portati a una guerra combattuta al fianco dei tedeschi contro le democrazie occidentali, una guerra disastrosa che portò fame, distruzione e morte. Infine, quando il fascismo cadde, arrivò anche l’occupazione militare tedesca, sostenuta da una parte di fascisti che decise di restare fedele a Mussolini e a Hitler.
Il secondo interrogativo
Perché lo faceva? Combattevano contro quell’occupazione militare perché l’Italia fosse libera. C’erano idee diverse su cosa dovesse essere l’Italia una volta finita la guerra. Ma, per prima cosa, volevano che fosse libera da un esercito straniero, libera di scegliere per il proprio futuro. Questo è un aspetto decisivo. Non è immaginabile che tutti i partigiani sapessero con chiarezza cosa volevano per il “dopo". Ma siamo certi su ciò che non volevano più: un regime violento e autoritario come quello fascista, l'occupazione militare di un esercito straniero.
La terza domanda
Cosa ha prodotto quello sforzo? Nella definizione sintetica che vi ho letto prima la risposta è molto semplice e corretta. L'Italia venne liberata, nacque la democrazia, fu scritta la Costituzione.
In realtà, arrivati a questo punto, si apre un mondo. E qui affrontiamo un’idea che aleggia sempre e che non dobbiamo nascondere. C’è chi è convinto la Resistenza non abbia avuto un ruolo decisivo, che la guerra di liberazione sarebbe comunque stata vinta lasciando combattere solo gli eserciti alleati. E che in fondo, anche senza la Resistenza, l’Italia si sarebbe rialzata, evitando tante vittime tra i partigiani e anche vittime civili nelle tante rappresaglie dei tedeschi e dei fascisti contro le persone inermi, le donne, i bambini, gli anziani.
Questo è un luogo comune, infondato dal punto di vista militare e sbagliato dal punto di vista storico e politico. Non è così, per almeno due grandi motivi.
Innanzitutto l’aspetto militare. la Resistenza ha avuto un ruolo significativo e importante. Fare la guerra nel nord Italia, nelle valli e nelle colline, ma anche qui in pianura, bloccare vie di comunicazione ai tedeschi, liberare e governare per mesi interi territori, rendere la vita difficile ai nazisti e fascisti, tenere impegnate intere divisioni dell’esercito tedesco dalle colline del Piemonte all’Appennino tosco emiliano fino a Roma, la capitale che ha dato più filo da torcere ai tedeschi tra quelle occupate come Parigi, Copenaghen, Belgrado… Tutto questo non fu affatto irrilevante per gli esiti della guerra.
E poi c’è l’aspetto politico e storico. Senza la Resistenza e i partigiani l’Italia non si sarebbe rialzata dal punto di vista morale, dopo la vergogna del fascismo durata 20 anni e il disastro dell’alleanza con il nazismo, comprese le leggi razziali e poi le deportazioni di ebrei e oppositori politici nei campi di concentramento, anch'esse volute dal regime di Mussolini.
Il valore della Resistenza è militare, politico, culturale e, in generale, risiede nell’immagine che ha dato al mondo dell’Italia. In quegli anni si diffidava del popolo italiano, anche perché qui era nato il fascismo per poi diffondersi in Europa. Ma la Resistenza ha mostrato al mondo che in Italia c’erano tantissime persone (per lo più giovani) che non volevano più il regime e volevano un’Italia libera e democratica. Mostrare al mondo cos’era la nuova Italia fu un elemento decisivo, che senza la Resistenza non sarebbe stato possibile.
Tutto questo non è poco, anzi è tantissimo. Per questo siamo qui oggi.
Viva la Resistenza! Viva l’Italia!
“Il cielo a Budrio era rosso” - il diario di Dario Nobili
“Il cielo a Budrio era rosso”
Il ragazzino che contava le bombe. 1941-1945
“Estate 1942. La Nita (Mazza) pensa di portarmi a Budrio con lei. Vado perciò in campagna dove in compagnia del garzone dei Mazza, che si chiama Menotti, mi esercito al lavoro dei campi e mi diverto nell’andare a cercare i nidi, i ranocchi, e i pesciolini.”
Cosi inizia la vita da sfollato a Budrio di Dario Nobili, bambino undicenne bolognese che racconta in un diario la sua vita degli anni di guerra e che documenta dal 1941 al 1945 il tempo di un ragazzo che è anche il tempo di un evento che sconvolgerà il mondo.
Nel mezzo c’è la vita di un bambino che diventa adolescente e che annota nel suo diario segreto i giorni di passeggiate e scoperte nella campagna, ma anche i bombardamenti, le morti, gli orrori: il tutto mescolato insieme, la quotidianità e il terrore.
Fino alla fine della guerra Dario annota scrupolosamente gli eventi drammatici che vive, in particolare i bombardamenti, le morti dei suoi famigliari sotto le bombe, ma anche i momenti di “normalità” come quando va a Budrio a comprare il pane, o incrocia l’osteria di “Piren”.
“Autunno e inverno 1943-1944. Eccetto i monti, a Budrio non manca nulla. Campi verdi e fertili a perdita d’occhio. Proprio dinnanzi le nostre finestre scorre il fiume Idice. (…) Siamo sufficientemente vicini alla stazione e al paese che abbiamo i mezzi per eventualmente recarci in città” Faccio qui di sotto uno schizzo della casa che abitiamo e che il babbo ha scherzosamente denominato “Villa Pedagna”.

Da questo “osservatorio” Dario racconta la vita a Budrio, tra quotidianità e terrore, annota scrupolosamente tutti i bombardamenti cui assiste (gli aerei che arrivano da est, da sud, da ovest) e i tragici episodi dell’occupazione tedesca a Budrio.
“10/6/1944. Ritornando stamattina da Budrio, mentre passavo da una stradetta di campagna, una pallottola di fucile è passata due metri circa davanti a me. (…) Nemici personali non ne posso avere, a tredici anni. Tutto bene”
“25/6/1944. Stanotte i tedeschi ubriachi hanno fatto irruzione in casa nostra, e dopo aver cercato di tirare giù gli usci, se ne sono andati”
“30/6/1944”. La stazione di Budrio è stata mitragliata alle ore 15,15. Tutto bene”
“1/7/1944. Oggi, alle ore 12, è avvenuto il primo bombardamento di Budrio. Le bombe, sebbene fossero abbastanza grosse, si interravano e facevano poco rumore. Ne è cadute una trentina.”
“2/7/1944. Secondo bombardamento di Budrio. La zona di Cento, a tre o quattro chilometri da noi è stata bombardata e mitragliata alle ore otto”.
“5/7/1944. Stamattina Budrio e il treno che veniva da Bologna sono stati mitragliati alle ore sette. Alle 8 è avvenuto il terzo bombardamento. Dodici morti e sessanta feriti”

“20/7/1944” Quarto bombardamento di Budrio. Fortissimo. Alle 0 e 50 siamo stati svegliati dalle prime bombe. Ci siamo vestiti mentre scappavamo e siamo usciti. Il cielo era rosso a causa dei razzi illuminanti come per un gigantesco incendio. Molti razzi illuminavano il ponte e tutta la zona di Budrio tanto che ci si vedeva come di giorno. Siamo scesi in rifugio insieme alla zia Rina che ha trovato nella paura la forza di scappare. Mentre gli aeroplani ci sorvolavano hanno cominciato a sganciare grosse bombe sopra i capannoni. Tanto le detonazioni che lo spostamento erano fortissimi sebbene fossimo in rifugio, tanto che il babbo e la signora Ardea, che ha sentito tutti i bombardamenti di Bologna, ha detto di non averne mai sentiti di cosi forti. Ho trovato delle schegge e un razzo illuminante a trenta metri da noi. Tutto bene”
Dario resta a Budrio fino agli inizi del 1945, poi con la sua famiglia torna a Bologna, che non è meno sicura di Budrio e attenderà li la liberazione. Il 25 aprile 1945 scriverà sul diario:
“Germania Kaputt! Dopo sessantanove mesi di lotta la Germania hitleriana è finalmente crollata”
Queste sono solo alcune delle notizie che Dario Nobili annota nel corso degli anni di guerra.
Il suo diario, “Diario di guerra. 1940-1945”, conservato e riscoperto grazie ai suoi famigliari, è stato di recente pubblicato da Pendragon, a cura di Mirco Dondi, nella collana dell’Istituto Storico Parri di Bologna. Un documento straordinario che ci consente oggi di approfondire in modo inedito un periodo drammatico della nostra storia.
No all’abuso della storia per interessi di parte. Equiparare comunismo e nazismo è un errore grave
No all’abuso della storia per interessi di parte. Equiparare comunismo e nazismo è un errore grave
Nel Consiglio Comunale di giovedì 28 ottobre 2021, Fratelli d’Italia ha presentato una mozione dal titolo “istituzione della giornata europea di commemorazione delle vittime dei regimi totalitari” (si può leggere qui).
Il testo, quello presentato da Zambrano, è presentato ovunque in questo periodo da Fratelli d’Italia e si rifà a una risoluzione europea di due anni fa che di fatto equiparava nazismo e comunismo.
Partiamo già anticipando la fine: la mozione di Fratelli d’Italia a Budrio è passata perché interamente sostenuta dalla maggioranza civica di Effetto Budrio, che sostiene il sindaco Mazzanti.
Ma andiamo per gradi.
Questo è stato il nostro intervento, utile a ricostruire genesi e terreno in cui si annida la proposta.
Comprendiamo e ne apprezziamo lo spirito, o meglio le “buone intenzioni” che hanno spinto Fratelli d’Italia a presentare la mozione. Ma solo con le buone intenzioni non si fa strada e soprattutto non si può assumersi la responsabilità di scrivere la storia o, come ci pare in questo caso, tentare di riscriverla.
Siamo abituati ad approfondire ciò che dobbiamo votare, come sapete bene. Approfondiamo e argomentiamo, cosa che invece il consigliere Zambrano non ha mai fatto per motivare i tanti voti favorevoli a qualsiasi provvedimento di questa giunta comunale.
Approfondendo, abbiamo rispolverato il documento a cui si fa riferimento in quasi tutti i paragrafi della mozione che Fratelli d’Italia questa sera ci sottopone. È la risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019, cosiddetta “contro tutti i totalitarismi” che già a suo tempo, più di due anni fa, abbiamo criticato con chiarezza, non da soli peraltro ma insieme a tantissimi altri in tutta Italia, tra cui ANPI (qui il comunicato ufficiale di ANPI del settembre 2019).
Si tratta, infatti, di un documento con riferimenti alla storia europea scorretti e confusi.
Ci sono episodi storici completamente decontestualizzati come il patto Molotov-Ribbentrop.Vi è una costante equiparazione tra nazismo e comunismo, un errore grave sotto ogni punto di vista.
Ogni riferimento al fascismo è completamente scomparso.
Questi pochi richiami ci indicano chiaramente come si tratti di un’operazione molto chiara di uso strumentale della storia.
Nel documento di Fratelli d’Italia si fa più volte riferimento all’idea di “memoria condivisa”.
Dobbiamo essere molto chiari anche su questo che è un concetto, ormai, superato e per certi versi anche fuorviante.
La memoria non è né può essere condivisa, la memoria è collettiva e dipende dai quadri sociali di riferimento, ciò che, come cittadini, condividiamo è il quadro di valori fondante dello Stato democratico e il calendario civile in cui tutti ci riconosciamo, o almeno dovremmo farlo, e questo è legato alla memoria pubblica e alla conoscenza di una storica scientificamente ricostruita. Analizzare, ricostruire avvenimenti storici nella loro complessità, e quindi ricordare, pare avere assunto per alcuni l’aspetto di una istigazione alla divisione, un ostacolo alla «pacificazione nazionale» e alla costruzione di un comune sentire, come se si dovessero cancellare alcuni eventi, o travisarne e trasfigurarne il senso, per giungere ad una memoria condivisa, che assume in realtà l’aspetto di una memoria parziale, mutilata, falsata. L’appello è quindi di affidarsi agli storici che sono in grado di dare una ricostruzione critica e avulse da ogni strumentalizzazione.
Altra considerazione. Come hanno stabilito studi ed analisi approfondite, non vi è alcuna possibilità di equiparare nazismo e comunismo: due ideologie profondamente diverse che si sono sviluppate in modo differente nei diversi luoghi e periodi storici.
La condanna dello stalinismo è netta e sacrosanta, già per altro fatta il 25 febbraio 1956, nel corso del XX congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, come quella a tutti i totalitarismi e dittature.
Altrettanto evidente è il diverso ruolo avuto da comunisti, nazisti e fascisti nella storia europea più complessiva, nel corso dei decenni. Così come diverse sono state le declinazioni che i partiti comunisti dell’occidente hanno dato delle idee che hanno portato alla loro nascita. Univoche sono state invece le declinazioni dei fascismi e del nazismo.
Sappiamo che questa risoluzione è stata votata anche da parlamentari europei eletti nelle liste del PD, fortunatamente non tutti: ci sono autorevoli esponenti in Europa del centrosinistra italiano che hanno motivato in modo netto la loro scelta di non aderire a un documento considerato sbagliato e dannoso dal punto di vista politico e culturale.
“Affiancare nazismo e comunismo è una operazione intellettualmente confusa e politicamente scorretta. E se riferita alla seconda guerra mondiale rischia di mettere sullo stesso piano vittime e carnefici”. Così il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli, commentando l’approvazione a Strasburgo della risoluzione sulla memoria storica.
In particolare, bene hanno fatto quegli esponenti che hanno definito questa equiparazione scorretta e offensiva per le migliaia e migliaia di persone che, appartenenti o vicine al Partito Comunista, hanno lottato con grande sacrificio per la libertà, l’uguaglianza, la democrazia.
Ricordiamo infatti che in Italia il Partito Comunista fu un pilastro dell’opposizione al fascismo: già molto prima della guerra, quando tutta Italia era fascista cioè quando il regime godeva di consenso e popolarità, erano soprattutto i comunisti che faticosamente (e drammaticamente) organizzavano in modo clandestino la dissidenza. I comunisti dettero al Tribunale speciale l’80% degli imputati. La maggioranza dei partigiani che presero le armi erano comunisti. La maggioranza di coloro che caddero erano comunisti.
Il Partito Comunista Italiano non solo vide nella democrazia la modalità essenziale del suo agire fin dalla svolta di Salerno, non solo fu fra coloro che scrissero la nostra carta costituzionale, lavorando di concerto con uomini e donne di altre idee politiche, ma fu fra i protagonisti della difesa della nostra democrazia durante la stagione dei terrorismi )
Non sarebbe stato pensabile senza il Partito comunista che l’Italia trovasse nella Resistenza il riscatto dalla vergogna dell’alleanza con il nazismo perdurata ben oltre il 25 luglio 1943 con la devastante esperienza della RSI. Questo partito contribuì a fondare la democrazia. Il manifesto di Ventotene, alla base dell’unità europea, è stato scritto anche da comunisti. La nostra Costituzione è stata scritta anche da uomini e donne del Partito Comunista Italiano. In diversi momenti particolarmente delicati in cui la democrazia italiana è stata messa sotto attacco, i comunisti sono stati tra i principali garanti delle istituzioni e del sistema repubblicano. Altro che equiparazione!
Questo è il dato. Tutto questo manca nelle riflessioni di quella risoluzione e manca totalmente nel documento di Fratelli d’Italia che stiamo discutendo stasera.
Restiamo convinti che violare la storia, stravolgerne la ricostruzione, decontestualizzare fatti e situazioni, abusarne per interessi di parte non è solo un uso scorretto, ma è anche un’azione che ci priva della possibilità di conoscere correttamente il passato, oltre che di progettare su basi solide il futuro.
Uniformare costantemente situazioni diverse tra loro nel tentativo di appiattire ragionamenti non aiuta la storia del Novecento, non contribuisce alla costruzione di una memoria collettiva a livello europeo.
Surreale – ma conoscendoli non siamo sorpresi – è la posizione della maggioranza a sostegno del sindaco Mazzanti che ha votato compatta sostenendo Fratelli d’Italia (ma per chi segue il Consiglio Comunale di Budrio non è una sorpresa visto che votano insieme da più di un anno e Fratelli d’Italia è praticamente in organico della maggioranza).
Qui condividiamo il loro intervento

