Budrio merita più passione, dedizione e competenza

Budrio merita più passione, dedizione e competenza

La Regione Emilia-Romagna ha appena assegnato un milione di euro a Comuni e Unioni di Comuni che lo scorso Maggio parteciparono al bando che finanziava progetti su attività delle Polizie Municipali.

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Una montagna di soldi dallo Stato. Ma Mazzanti piange lo stesso

Una montagna di soldi dallo Stato. Ma Mazzanti piange lo stesso

Giovedì 30 luglio in Consiglio Comunale abbiamo affrontato le scadenze di bilancio di questa fase dell'anno: variazione assestamento bilancio 2020-2022 e Salvaguardia degli equilibri di bilancio.

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Perché il 25 luglio la pastasciutta è antifascista.

Perché il 25 luglio la pastasciutta è antifascista.

“Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fascismo, ma la più bella parlata è stata quella della pastasciutta in bollore” Alcide Cervi.

 
Durante la seduta del Gran Consiglio del fascismo tenuta il 24 luglio 1943, Dino Grandi presentò un ordine del giorno in cui si accusava Mussolini e il regime fascista di aver portato l’Italia verso la sconfitta. Il documento mise Mussolini in minoranza; nel pomeriggio del 25 luglio, il duce rassegnò le dimissioni e il re lo fece arrestare, affidando al maresciallo Badoglio la guida del governo. Questa nuova situazione fu accolta con grande euforia: in molti si auguravano che la pace e la libertà fossero alle porte. A Budrio vennero divelte le lapidi che commemoravano il primo Fascio e le insegne dalla Casa del Fascio. Come ricordano i testimoni: “dall’annuncio delle dimissioni di Mussolini nessun incidente si è verificato all’infuori di qualche scambio di parole animate subito placate”.

Bologna 26 luglio 1943 I cittadini in Piazza Vittorio Emanuele (oggi Piazza Maggiore), esultano per la caduta del regime fascista Nazario Sauro Onofri

A Campegine, in provincia di Reggio Emilia la famiglia Cervi, insieme ad altre famiglie del paese, offrirono a tutta la cittadinanza una pasta asciutta. Le donne, le resdòre, le reggitrici della casa a partire da Genoeffa Cocconi Cervi, preparano le tagliatelle, le condirono come per le feste più importanti e tutta la comunità si trovò a condividere quella pasta, per festeggiare la speranza della fine della guerra e di un futuro libero e democratico. Le donne protagoniste, con gli uomini, di quella speranza e di quell’impegno si prodigarono fin da quei momenti e per tutto il periodo della Resistenza affinché finisse l’occupazione nazista e il fascismo fosse soppiantato dalla democrazia.
 
Dopo l’armistizio i sette figli maschi della famiglia Cervi presero, tra i primi, le armi e la loro casa divenne ricovero per resistenti di ogni nazionalità. Il 25 novembre 1943 il loro podere fu assediato dai fascisti e gli uomini presenti vennero arrestati e il 28 dicembre i sette fratelli furono fucilati insieme al compagno di lotta Quarto Camurri.
 
Il 15 novembre 1944 Genoeffa Cocconi, prostrata da tanto dolore, morì e il filo della memoria di questa famiglia venne tessuto da Alcide, dalle mogli, dalle sorelle, oltre che dai figli e dai nipoti dei sette fratelli.
 
In ricordo della pastasciutta offerta dalla famiglia Cervi nasce la “pasta asciutta antifascista”, per affermare i valori fondanti del nostro Paese: libertà, pace, fratellanza, democrazia.
 
Per approfondire:


Come sempre Mazzanti cade sul fact-checking

Come sempre Mazzanti cade sul fact-checking

In tre anni di mandato, non c’è una sola intervista del sindaco Mazzanti in grado di superare un fact-checking. Esattamente come quella sul Carlino del 19 Luglio, dove afferma falsità e mezze verità in modo spudorato.
 
  • Mazzanti dice di aver ereditato una situazione del Comune in pre-dissesto. Niente di più falso. Non esiste un solo documento che possa provarlo, anzi: i pareri dei revisori dei conti, negli anni, non accennano mai a un contesto del genere. Inoltre, non risulta che nessuno né prima né dopo abbia denunciato la gravità della situazione agli organi competenti. Quindi siamo alle solite illazioni, dopo 3 anni ci aspettiamo qualcosa di più dal sindaco in carica.
  • Dice che adesso i conti sono a posto e potrà investire in un mutuo per la ristrutturazione del teatro: in realtà già nel 2018 il Comune avrebbe potuto accendere nuovi mutui per oltre 1 milione di euro ma non lo ha fatto (è nei documenti di Giunta).
  • Dice di aver ridotto il debito del 25% rispetto al 2016, ma non è affatto merito suo: i soldi per pagare le rate dei mutui del 2017 erano state accantonate dal sindaco precedente. Quindi Mazzanti può semmai rivendicare di aver ridotto il debito del 13%, che poi è semplicemente un calo fisiologico in base ai piani di ammortamento dei mutui.
  • Ricordiamo poi che l’estinzione dei mutui della società partecipata Step è stata possibile solo grazie ai 2 milioni di euro ricavati dalla vendita delle azioni Hera.
  • Mazzanti si vanta di aver portato il debito pro capite da 834 euro a 618: sono numeri falsi, inventati di sana pianta, come dicono i documenti ufficiali che lui stesso ha portato in Consiglio. La verità è che nei suoi tre anni di mandato il sindaco ha ridotto di 90 euro il debito pro capite, ma ha aumentato per lo stesso importo la pressione tributaria pro capite (da 421 euro del 2017 agli attuali 510).
  • Afferma poi di non aver aumentato i costi per le famiglie, ma è falso: sono state aumentate molte tariffe ed è stata aumentata l’addizionale Irpef, questo vale un prelievo di più di mezzo milione di euro ogni anno.
 
Vorremmo che fosse chiaro, quindi, che gli unici artefici dell’abbassamento del debito e dell’aumento delle entrate sono i budriesi che pagano più tasse e tariffe, a livelli che non hanno precedenti nella storia di Budrio.
 
Nello stesso tempo i cittadini si ritrovano un comune inefficiente e assente nelle frazioni e in generale con meno manutenzioni, meno attenzione allo sport, meno cultura, meno comunità. Per non parlare degli investimenti: gli unici lavori visti in questi anni e ancora in corso sono il frutto del lavoro dell’amministrazione precedente, come il Magazzino sementi, la viabilità ciclabile intorno alla stazione, la messa in sicurezza della scuola di Mezzolara.


Mentre nel Palazzo succede di tutto, a Budrio e nelle frazioni è tutto fermo

L'articolo, a firma del gruppo consigliare Budrio Più, per il notiziario comunale di luglio 2020

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L'ora blu

L'ora blu, edizione 2020

Come Budrio Più promuoviamo L’ORA BLU una piccola rassegna di spettacoli

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«Sembra l’inizio di un mondo nuovo» Giuliana Tomba e i giorni della Liberazione di Budrio e Bologna

«Sembra l’inizio di un mondo nuovo» Giuliana Tomba e i giorni della Liberazione di Budrio e Bologna

La partigiana Giuliana Tomba ha fatto la Resistenza anche a Budrio. In queste giornate dedicate alla Liberazione, abbiamo raccolto qui la sua testimonianza*.

…dopo 38 giorni di prigionia [mia sorella Maria Luisa ed io, il 10 febbraio 1945 ] fummo rimesse in libertà Dopo la sosta in casa Pirazzoli ripresi contatto col movimento e fui incaricata dal « Fronte della gioventù » di interessarmi della zona Budrio-Castenaso-Molinella, cosa che immediatamente feci.
 
Ricordo che subito mi adoperai, assieme ad altri compagni, per una manifestazione cui aderirono numerose donne, che si svolse il 2 marzo 1945 a Budrio e in quell’occasione andai con altri compagni a parlare col podestà. La manifestazione aveva per pretesto richieste di carattere annonario, ma subito prese un’altra piega e in breve smontammo i ritratti di Mussolini appesi ai muri e li facemmo volare dalla finestra nella piazza dove sostavano fascisti e tedeschi armati ed impotenti. Fu un successo per il morale della gente. Prima di questa manifestazione feci riunioni di vario genere, sia ai giovani, alle donne, ai militari, ai nostri gappisti e sappisti. […]
 
Ricordo di questo periodo un compagno giovane, che m’insegnò a sparare vicino a un argine di un fiume, e che in seguito, morì a Mezzolara, per un mitragliamento nel cortile di una casa dove io ero stata ospitata fino a pochi giorni prima. Egli prese il mio posto ed io andai a casa sua (alla «Fabbrica », si chiamava così, una grossa costruzione abitata da parecchia gente, tra cui le due sorelle ed i genitori di questo compagno) e fu qui che una delle sorelle che faceva la parrucchiera provvide ad ossigenarmi in modo da rendermi irriconoscibile.[…]
 
Durante questo periodo partecipai a numerose riunioni e mi interessai anche dei collegamenti e della scrittura di manifesti. Alla Maddalena di Budrio, che chiamavamo « la piccola Stalingrado », ne scrivemmo alcuni che vennero affissi anche sul portone della chiesa. […] Alla Maddalena erano tanti i compagni. e mia sorella abbiamo dormito presso una bravissima compagna, in un gruppo di case dove non una persona era al di fuori del movimento antifascista; il barbiere aveva addirittura una stanza cieca, con l’entrata nascosta da un armadio, per nascondere, se vi fosse stato bisogno, persone od oggetti.
Quel periodo, non fu lungo, ma fu denso di avvenimenti.
 
Ricordo i continui spostamenti, fatti a piedi, da Budrio a Castenaso, a Molinella, spesso senza mangiare perché si aveva pudore a chiederne ai compagni dove si sostava un momento e anche perché pensavo che ciò che davano a me dovessero sottrarlo dalla mensa. Per fortuna mi capitava che mi dessero cibo senza che lo chiedessi.
 
E venne Giacomino un giorno, in una casa della Maddalena situata a destra, di fronte alla chiesa, per dirmi di correre a Budrio, racimolare tutti i compagni od iscritti al «Fronte della gioventù» perché si recassero subito a Bologna per l’insurrezione. Presi una bicicletta e, attraversando fiumi senza ponti, con la bicicletta in spalla, arrivai a Budrio, asserragliata come in stato d’assedio, dai tedeschi. Mi fermano, rivoltella alla mano, e capisco che vogliono solo la bicicletta, per servirsene per la fuga; riesco ad entrare in Budrio ed ho difficoltà a trovare i compagni.
Finalmente, all’ospedale ne trovo alcuni, che però si rifiutano di recarsi a Bologna, perché ritengono che sia più utile la loro presenza in sede in quel momento critico.
Ritorno quindi, correndo, alla base della Maddalena, sotto aerei e bombardamenti di cannone, buttandomi a terra solo lo stretto necessario per la paura di perdere l’appuntamento con Giacomino per andare a Bologna. […]
 
[A Bologna], alla Montagnola, stanchi e sporchi, ci laviamo i piedi ad una fontanella, poi cerchiamo invano d’incontrare qualche compagno. Alla notte sentiamo i passi cadenzati dei tedeschi che sfilano sotto alle nostre finestre, ci alziamo di colpo, impugniamo le rivoltelle, mettiamo i bracciali, usciamo; non c’è ancora luce, ma di lontano si sente il rumore dei carri armati: sono gli alleati. Andiamo loro incontro e saliamo su di un carro armato; l’americano che sta sulla torretta non mi vuole su perché dice che ci sono i franchi tiratori, ma allora interviene violentemente il giovane compagno che è con me dicendo che queste donne hanno fatto ciò che hanno fatto gli uomini, se non di più, e che proprio se avessimo trovato i franchi tiratori, avremmo ancora combattuto. L’americano sorride, a malincuore, e poi ci dona cioccolata ed altre cose che non m’interessano. Sulle prime pare davvero preoccupato, poi si adatta sempre di più alla nostra presenza. Percorriamo tutta la via Mazzini, le mura fino ai Giardini Margherita e dopo un lungo giro arriviamo da fuori San Vitale passando proprio sotto casa mia, fino in centro. Ormai tutta la gente è per le strade, con una felicità che non ho più potuto vedere nei visi delle persone; la gente piangeva di gioia e ti abbracciava senza conoscerti. Era meraviglioso: sembrava davvero l’inizio di un mondo nuovo. Quanto sarebbe durato?
 
 
GIULIANA TOMBA
Giuliana Tomba, «Walda», da Tina Tomba; nata il 28 dicembre 1928 a Milano.
Nel 1943 residente a Bologna. Studentessa. Militò nella 4ª brigata Venturoli Garibaldi e operò a Bologna e Budrio. L’1 gennaio 1945 fu arrestata dall’UPI, unitamente alla sorella Maria Luisa, e nella sua abitazione vennero trovati numerosi stampati clandestini e documenti del CUMER. Dopo avere subìto duri interrogatori in questura, fu consegnata al comando delle SS in via Santa Chiara (Bologna). Liberata il 10 febbraio, si trasferì nella zona di Budrio dove riprese l’attività partigiana. Riconosciuta partigiana dall’1 gennaio 1944 alla Liberazione. Testimonianza in RB5.
 
 
*Testimonianza di Giuliana Tomba in Luciano Bergonzini, La Resistenza a Bologna testimonianze e documenti, volume V, Istituto per la Storia di Bologna, 1980, pp. 660/664


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A inizio autunno, Mazzanti per giustificare il non aver partecipato all’ennesimo bando regionale, ha pubblicato un lungo post su Facebook raccontando quanto è difficile amministrare (ma va!) e presentando una lista di finanziamenti arrivati durante il suo mandato, lasciando intendere che questi soldi siano arrivati a Budrio grazie al suo lavoro.

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