È appena trascorsa la giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne. L’intervento in Consiglio comunale
Nel 1981 si decise di celebrare la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la data del 25 novembre fu scelta in memoria delle sorelle Mirabal, Patria, Minerva e Maria Teresa, tre attiviste politiche stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate per il loro impegno contro la dittatura nella Repubblica dominicana.
Secondo l’Articolo 1 della Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne, emanata dall’Assemblea Generale dell’Onu nel 1993[1], la violenza contro le donne è “ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata”.
Con l’espressione violenza di genere si indicano quindi tutte le forme di violenza da quella psicologica e fisica a quella sessuale, dagli atti persecutori del cosiddetto stalking allo stupro, fino al femminicidio.
La violenza contro le donne continua ad essere un ostacolo allo sviluppo, alla pace. Secondo il Consiglio d’Europa, la violenza contro le donne rappresenta «una delle espressioni più pronunciate dello squilibrio di potere tra donne e uomini, costituendo allo stesso tempo una violazione dei diritti umani e uno dei principali ostacoli all’uguaglianza di genere»
Nel mondo la violenza contro le donne interessa 1 donna su 3
In Italia i dati Istat [2] hanno mostrato che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici.
Secondo uno studio dell’OMS e della Banca Mondiale, la violenza domestica è la causa principale di morte o di lesioni gravi per donne tra 16 e 44 anni
Il Report “Violenza sulle donne” del Servizio analisi criminale della Direzione Centrale Polizia Criminale, aggiornato all’8 marzo 2024, evidenzia che nel 2023 le vittime di violenza sessuale sono state 6.062, di cui il 91% donne.
Nel 2024, oltre 90 donne sono state uccise per motivi di gelosia o di possesso dai loro partner o ex, i tentati femminicidi sono al momento 44, a cui si devono aggiungere molestie, stalking, minacce e violenza psicologica e sessuale. Per il 94% gli aggressori sono italiani.
Purtroppo, si continuano ad evidenziare risposte inadeguata nell’affrontare questa violenza, spesso basate su stereotipi patriarcali del rapporto uomo/donna.
Con patriarcato si indica un sistema sociale, culturale, politico, economico in cui gli uomini predominano nello spazio pubblico e in quello privato, ed esercitano il potere anche attraverso il controllo sulla donna, sul suo corpo e sulla sua vita. Il patriarcato non è ideologia ma è ancora una realtà fatta di squilibri che persistono e di stereotipi fra i quali quelli che portano le donne a sentirsi colpevolizzate tanto che, sovente, le vittime di violenza non denunciano e se pur lo fanno rischiano di essere vittime due volte a causa dell’impunità, del silenzio, della stigmatizzazione e della vergogna che caratterizzano questo tipo di violenza. Molte donne non denunciano, soprattutto se la violenza viene dal partner, assistiamo quindi al fenomeno del victim blaming, cioè la colpevolizzazione della vittima che si verifica sia all’interno della famiglia sia nella società: non è più il responsabile delle violenze a essere biasimato, ma chi ha subito i soprusi. Da due recenti indagini condotte in Italia (Action Aid, 2023; ISTAT, 2019) emerge come più del 20% delle persone intervistate creda che le donne possano provocare una violenza sessuale mostrando un abbigliamento o un comportamento provocante, circa il 15% che le donne che hanno subìto una violenza sotto l’effetto di sostanze, alcoliche o stupefacenti, siano responsabili per quanto accaduto e che tra il 39% (Istat, 2019) e il 78% (Action Aid, 2023) crede che una donna può sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo desidera. Il victim blaming oltre ad essere la prima causa della mancata denuncia delle violenze subite, è considerato una delle possibili forme di vittimizzazione secondaria, ossia un’ulteriore vittimizzazione, successiva a quella primaria subìta dall’aggressore, che assume la forma dello screditamento, della mancanza di supporto e dell’attribuzione di colpa da parte di istituzioni, media e persone che circondano la vittima[3].
Secondo ricerca di ActionAid in collaborazione con Osservatorio di Pavia e B2Research[4], l’84% tra le donne che subito violenza dichiara di non aver ricevuto o non aver cercato aiuto e sostegno. Le ragioni indicate sono: vergogna, mancanza di informazioni su chi contattare, timore di non ottenere il supporto necessario o paura di ritorsioni da parte dell’autore della violenza.
Le leggi contro la violenza di genere perseguono tre obiettivi principali: prevenire i reati, punire i colpevoli, proteggere le vittime. Ma le leggi vanno applicate e sono necessari investimenti, di denaro e di forze, affinché raggiungano il loro scopo.
Sono necessarie azioni per “promuovere i cambiamenti nei comportamenti socioculturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini” così come troviamo scritto nella Convenzione di Istanbul, nata in seno al Consiglio d’Europa nel 2011, ratificata dall’Italia nel 2013 e entrata ufficialmente in vigore anche dell’Unione europea a partire dal 1 ottobre 2023. I motivi della violenza sulle donne vanno cercati anche nella rottura degli equilibri millenari e nella ricerca di libertà e autodeterminazione delle donne stesse. È un tema quindi di cittadinanza.
Oltre alle leggi che puniscono la violenza si devono quindi mettere in atto azioni di reale protezione delle vittime e di prevenzione che si deve concretizzare sul terreno dell’educazione culturale, una educazione permanente che deve però avere una tappa fondamentale nel lavoro con bambini, bambine e adolescenti sui temi dell’educazione al rispetto, all’affettività, alle differenze di genere. Non è più quindi rimandabile l’introduzione nelle scuole di ogni ordine e grado, l’insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale. L’Italia è fra le poche nazioni europee insieme a Cipro, Bulgaria, Polonia, Romania e Lituania, che non ha questo tipo di programmi educativi: tra il 1977 e il 2019 ben sedici proposte parlamentari hanno tentato di introdurre l’educazione sessuale nelle scuole senza riuscirvi mentre la stessa convenzione di Istambul specifica la necessità di includere “nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali”.
Sonoinfine necessari immediati stanziamenti per incrementare l’azione dei consultori e dei Centri antiviolenza che sono presidio fondamentale di tutela, accoglienza e prevenzione socioculturale, per la formazione obbligatoria di tutte le operatrici e gli operatori pubblici, per la formazione delle e degli insegnanti, per il Reddito di libertà per tutte le vittime non autonome.
Crediamo che possiamo e dobbiamo impegnarci, da subito, giorno per giorno, da amministratori e amministratrici, da cittadini e cittadine per mettere in campo ogni azione che ponga fine a discriminazione, prevaricazione, violenza, perpetrazione di stereotipi tossici al fine di stroncare finalmente ogni forma di violenza, per costruire una democrazia veramente paritaria ed una società solidale, coesa in cui le persone di ogni genere e orientamento sessuale possano vivere ed esprimersi in perfetta sicurezza e armonia.
[1] https://unipd-centrodirittiumani.it/it/archivi/strumenti-internazionali/dichiarazione-sulleliminazione-della-violenza-contro-le-donne-1993
[2] https://www.istat.it/statistiche-per-temi/focus/violenza-sulle-donne/il-fenomeno/violenza-dentro-e-fuori-la-famiglia/il-numero-delle-vittime-e-le-forme-di-violenza/
[3] https://it.in-mind.org/article/se-le-cercata-il-victim-blaming-nei-confronti-delle-vittime-di-violenza-di-genere?page=2
[4] https://www.actionaid.it/informati/press-area/serve-andare-oltre-le-parole