Sabato 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna l’esplosione dell’ordigno collocato nella sala d’aspetto di seconda classe causò il crollo dell’intera ala ovest, l’onda d’urto mandò in frantumi i vetri in stazione e negli edifici vicini: è stato il più grave atto terroristico avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra e fino al 2004, anno della strage di Madrid, il più grave avvenuto in Europa.
Gli 85 morti e gli oltre 216 feriti dallo scoppio della bomba alla stazione erano persone in viaggio per raggiungere località di villeggiatura o per ritornare a casa, stavano aspettando coincidenze o treni in ritardo, erano persone che in stazione svolgevano il proprio lavoro, erano militari che andavano in licenza, giovani e bambini che andavano in vacanza, anziani che si spostavano, persone andate in stazione ad aspettare parenti o amici di ritorno da altri viaggi e sono stati travolti dalle macerie in sala d’aspetto, nel bar, sul marciapiede, nel piazzale, nei sottopassaggi, sono stati colpite dalle schegge e dai vetri anche nei binari più lontani e sulla strada.
Guardando il lungo elenco dei morti la prima cosa che balza agli occhi è il grande numero di giovani che sono stati uccisi da quella bomba: 33 avevano fra i sedici e i ventisette anni, l’età media era 33 anni, poi si scorgono le famiglie coinvolte e, a volte, completamente annientate, e quindi i bambini, sette avevano fra i tre e i quattordici anni: la vittima più giovane, Angela Fresu, aveva 3 anni, la più anziana, Antonio Montanari, 86. Fra queste una giovane nata qui a Budrio, Franca Dall’Olio di 20 anni che in stazione lavorava. Erano persone come tante, che hanno lasciato parenti, amici, sogni, amori, speranze, dolori e gioie. La strage ci ha portato via il futuro, avventure e sogni che non si sono realizzate. Con le persone più anziane la bomba si è portata via il passato, la memoria, il racconto, la saggezza data dagli anni.
Dopo che i processi fra gli anni ’90 e l’inizio dei 2000 avevano individuato alcuni esecutori materiali e depistatori, dodici sono le sentenze pronunciate sui responsabili della strage fino a quegli anni, l’accento venne posto con forza sulla necessità di individuare i mandanti ed altri esecutori.
“La strage di Bologna ha avuto dei «mandanti» tra i soggetti indicati nel capo d’imputazione, non una generica indicazione concettuale, ma nomi e cognomi nei confronti dei quali il quadro indiziario è talmente corposo da giustificare l’assunzione di uno scenario politico, caratterizzato dalle attività e dai ruoli svolti nella politica interna e internazionale da quelle figure, quale contesto, operativo della strage di Bologna”
Così si afferma nelle motivazioni della sentenza Bellini di primo grado; i soggetti indicati nel capo d’imputazione sono i seguenti: Licio Gelli, Umberto Ortolani, in qualità di mandanti finanziatori; Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, il primo in qualità di mandante organizzatore, il secondo principalmente per l’attività di depistaggio. Non più processabili perché deceduti.
Le indagini e le sentenze dei processi il cui iter non è ancora concluso arricchiscono le nostre conoscenze. In alcuni casi, verità storica e verità giudiziaria non coincidono, in alcuni divergono: nel caso della strage alla stazione, non vi è evidenza di contraddizioni tra la ricostruzione giudiziaria e quella storica. Abbiamo quindi un quadro di quell’attentato: quella strage chiudeva il secondo periodo della strategia della tensione, una strategia messa in atto dal terrorismo neofascista con la collaborazione e la protezione di uomini dei servizi segreti e di persone come Licio Gelli che volevano così minacciare, snaturare, limitare quella democrazia che aveva le sue radici nella Costituzione repubblicana.
La memoria ci avvicina a tutti loro: alle vittime e a chi ha reagito per difendere la nostra democrazia in cui iscritti i nostri doveri e i nostri diritti, fra questi il diritto alla verità e alla conoscenza: la democrazia è piena solo se anche questi diritti vengono rispettati.
Le condanne:
Ad oggi, sono stati condannati in via definitiva come esecutori materiali i terroristi neofascisti dei NAR Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, e per attività di depistaggio il capo della loggia P2 Licio Gelli, gli ufficiali dei servizi segreti Pietro Musumeci (P2) e Francesco Belmonte e il faccendiere Francesco Pazienza. In secondo grado è stato condannato anche Gilberto Cavallini per strage, e nel cosiddetto processo ai mandanti sono stati condannati, sempre in secondo grado, Paolo Bellini, l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, e Domenico Catracchia, ex amministratore di condomini in via Gradoli a Roma, accusato di false informazioni al pubblico ministero al fine di sviare le indagini.